Andare dallo Psicologo: le risposte ai dubbi più comuni

Crisi d’ansia, attacchi di panico, apatia, umore depresso, conflitti con i pari, difficoltà a gestire il proprio rapporto con il cibo. Questi sono solo alcuni dei motivi sufficienti a sconvolgere la nostra normale esistenza: la nostra quotidianità viene messa a dura prova e le nostre certezze iniziano a sgretolarsi pian piano.

Tutte queste e infinite altre motivazioni portano a occupare la nostra mente da pensieri ricorrenti, offuscando la nostra capacità di attenzione, arrivando anche a compromettere le relazioni con le persone che ci circondano. Accade così che inizia ad emergere in noi una domanda di richiesta di aiuto, che tante volte per una serie di incertezze, dubbi e paure rimane sospesa senza una risposta concreta.

A chi rivolgersi?

Per prima cosa è importante capire a quale professionista rivolgersi. Nel momento in cui capiamo che è arrivato il momento di investire sul nostro benessere mentale o su quello di nostro/a figlio/a, è importante fare il passo decisivo di intraprendere un percorso psicologico, ricercando uno psicologo, nel privato o nelle strutture pubbliche territoriali.

Per trovare uno psicologo libero professionista è possibile chiedere consiglio a un familiare, amico o conoscente: insomma una persona fidata con cui siamo in confidenza, oppure puoi chiedere consiglio al tuo medico di base. Altra opzione possibile è quella di effettuare una ricerca su Google, ricercando un professionista che riceva nella tua zona oppure online.

Com’è strutturato il percorso?

Solitamente a seguito di un primo colloquio conoscitivo, in cui lo psicologo cerca di indagare la problematica portata e i bisogni della persona, si inizia un percorso di consulenza psicologica o di terapia. Il primo incontro solitamente è tra il terapeuta e i genitori se il soggetto è ancora minorenne. In base alla tematica portata dalla persona verrà decisa la modalità di intervento più adeguata, tra individuale, di coppia o familiare.

Inoltre, anche il numero di sedute mensili è variabile, infatti, i colloqui possono avere cadenza settimanale o quindicinale. Probabilmente, all’inizio del percorso in cui il bisogno della persona è più forte e necessita di un maggior spazio di ascolto la cadenza sarà più ravvicinata, mentre alla fine della terapia i colloqui saranno più dilazionati nel tempo.

Anche la durata stessa del percorso è variabile a seconda delle specificità del caso, tuttavia, dobbiamo sempre ricordare che l’obiettivo del percorso è quello di portare il paziente ritrovare il proprio benessere nel minor tempo possibile.

Questi aspetti vengono solitamente concordati tra lo psicologo e la persona a inizio percorso: infatti, noi siamo parte attiva del nostro processo di cura e siamo chiamati in prima persona a costruire insieme alla guida del professionista il percorso che più si adatta alle nostre esigenze.

Quello che dirò rimarrà tra me e lo Psicologo?

Una delle paure più frequenti all’inizio di un percorso psicologico è quella che i propri racconti non vengano mantenuti al sicuro. Questa paura può andare a generare un blocco nella possibilità di aprirsi totalmente e beneficiare di tutti gli effetti dell’intervento. Infatti, l’efficacia di un percorso si basa proprio sulla costruzione di una relazione terapeutica autentica tra psicologo e paziente. Ciò che viene detto nella stanza di terapia non può uscire da lì, a meno che dalla bocca del paziente stesso.

Lo psicologo è, infatti, tenuto al segreto professionale, di conseguenza, è tenuto a non rivelare notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale. Pertanto, non dobbiamo lasciarci investire da queste preoccupazioni quando decidiamo d’intraprendere un percorso di questo tipo.

Perchè dovrei pagare una persona per parlare?

Lo psicologo e lo psicoterapeuta, proprio perché sono persone esterne al contesto di vita della persona che si rivolge loro, possono garantire un punto di vista neutrale, non essendo condizionati da una conoscenza pregressa di quella situazione e aiutando il paziente a riflettere su alcuni aspetti al di fuori della prospettiva di chi è immerso nel problema.

Inoltre, il colloquio psicologico è condotto da un professionista che nel suo agire segue una logica clinica scientifica: la parola è uno strumento che viene usato per raggiungere gli obiettivi concordati dal paziente. Per questo una chiacchierata con un amico non è paragonabile a tale intervento. Anche perché, molto spesso, quando ci rivolgiamo ai nostri parenti o amici, tendiamo a ricercare risposte di rassicurazione e confronto, che sicuramente sul momento possono generare un sollievo momentaneo, ma in quanto alla possibilità di generare un cambiamento nella nostra vita non risultano sicuramente sufficienti.

Avere cura di noi stessi è il miglior investimento che possiamo fare

Molte volte, prima di riuscire a prendere la decisione di rivolgersi ad uno psicologo, siamo sommersi da dubbi e paure: non credere nella psicologia, non fidarsi del terapeuta, avere fiducia solo nei medici e nelle prescrizioni farmacologiche. Queste paure derivano da una visione del lavoro psicologico a senso unico, in cui è solo il clinico che valuta e fornisce prescrizioni su cosa fare per migliore la situazione. Per fortuna il lavoro psicologico non è affatto così, al contrario, essendo basato sulla relazione, viene costruito insieme da tutte le parti coinvolte.

Si tratta di un lavoro di co-costruzione, di scambio e arricchimento reciproco, tanto per il paziente quanto per il terapeuta. Proprio attraverso questo lavoro le narrazioni, le emozioni e i ricordi del paziente possono trovare significati nuovi, che favoriscano una maggiore comprensione di sé, del proprio modo di agire, di pensare e relazionarsi.